Nel videoseminario n. 44 si è dedicata attenzione alla morfologia del verbo greco, esaminando al struttura del futuro sigmatico e del futuro contratto (rimangono per la volta prossima le due forme meno frequenti del futuro attico e dorico). Accanto a questo argomenti, si è tornati al discorso sulla metrica del giambo, cui si era accennato la volta scorsa, a proposito dell’indovinello anonimo dell’Antologia Palatina.
Questo il testo tratto dalla Poetica di Aristotele, nel quale il filosofo propone interessanti osservazioni sulle differenze fra l’andamento del giambo e quello dell’esametro (Poetica, 1449a 20-28):
Τὸ μὲν γὰρ πρῶτον τετραμέτρῳ ἐχρῶντο διὰ τὸ σατυρικὴν καὶ ὀρχηστικωτέραν εἶναι τὴν ποίησιν, λέξεως δὲ γενομένης αὐτὴ ἡ φύσις τὸ οἰκεῖον μέτρον εὗρε· μάλιστα γὰρ λεκτικὸν τῶν μέτρων τὸ ἰαμβεῖόν ἐστιν· σημεῖον δὲ τούτου, πλεῖστα γὰρ ἰαμβεῖα λέγομεν ἐν τῇ διαλέκτῳ τῇ πρὸς ἀλλήλους, ἑξάμετρα δὲ ὀλιγάκις καὶ ἐκβαίνοντες τῆς λεκτικῆς ἁρμονίας.
In un primo tempo infatti (i poeti) si servivano del tetrametro (trocaico) poiché la poesia era satirica e maggiormente caratterizzata dalla danza, ma quando si introdusse il recitativo, fu la natura stessa a trovare il metro adatto: infatti fra i metri il più vicino al parlato è il metro giambico: dimostrazione di questo, infatti (è che) nella parlata quotidiana gli uni nei confronti degli altri, diciamo moltissimi giambi, invece esametri ben raramente e scostandoci dal ritmo del parlato.